venerdì 31 maggio 2013

Alfonso Severino: amico delle parole, artigiano delle parole


Con la raccolta di liriche Amico delle parole, edita da Lieto Colle, il poeta partenopeo Alfonso Severino approda dalla sensuale e spiccatamente erotica poesia di Atelier per signore a una poesia dai toni più riflessivi ed esistenzialisti.
Egli costruisce nelle sue liriche immagini pregne di simboli e di significati profondi, che, come colpi di sonda «nel mare sanguinante»,  trascendono l’esperienza fenomenica nell’intricato e misterioso rapporto tra le cose: lirici tentativi di decifrare «i fiori oscuri della notte».

Versi musicali e talvolta dal ritmo incalzante rievocano armonie simboliste, ma non si tratta di semplici parole-suono che si susseguono nella musicale versificazione: in Severino sono il veicolo di reconditi significati in cui si realizza l’unione tra l’esperienza dell’intuito e nel contempo della ragione, e in cui convivono profonda riflessione e istintivi salti nell’arcano.

La poesia di Severino approfondisce la percezione lacerante dell’inguaribile dissidio tra il poeta e la realtà: si accende, così, un canto senza tregua, un continuo interrogarsi sul «destino di nascita», una voce che, reclamando esistenza e libertà, grida-qui s’ode l’eco di Montale- che «vivere è una malattia».

Si riflette in questi versi carichi di tensione il drammatico e consapevole sentimento della crisi spirituale del nostro tempo, approfondita dalla atroce consapevolezza di «un’infezione presa in un tempo lontano», un destino di cui siamo inevitabilmente eredi. Nell’universo di Severino ogni realtà finisce per polverizzarsi nel turbinio delle incertezze; vane speranze sorgono «di tornare…ad una nuova primavera», ma subito si infrangono contro un disperato esistenzialismo.

In questa breve raccolta di poesie si snoda attraverso dieci liriche il percorso di una voce intensa, che canta la prigionia dell’esistenza, depreca l’ineluttabile meccanicismo cosmico, implora l’impossibile miracolo di uno spiraglio.

In questi canti le donne di Severino si spogliano degli attributi fisici e sensuali e si trasfigurano in immagini metafisiche, nell’ansia di scoprire il vero. Le figure femminili diventano, così, simboli salvifici che schiudono  i segreti più nascosti, sono «le tue stelle Ele belle e luminose» attraverso le quali, con slancio mistico, il poeta osserva e ci conduce in una dimensione originale, intensa, ricca di improvvise impennate poetiche.

Lontano dagli orpelli e dagli inganni della retorica, il poeta cerca invano sicurezze concrete in tutto ciò che lo circonda, sembra talvolta sfiorare un eros sensuale, ludico ed ovidiano, che è, invece, metafisica tensione che perviene «delirante…a spiagge di vetro, dove sirene ferite cantano incessanti». Severino ricusa i toni aulici della tradizione, eppure la sua lingua, rievocando il labor limae caro ai poeti ellenistici, risulta raffinata e ricercata e fa di Severino un amico delle parole, un artigiano delle parole.


Carmelo Cutolo

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